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SlaughterHousE – We Have KniveS

“E’ arrivato l’arrotino.
E’ arrivato il coltellaio.”

E’ arrivato e senza troppi complimenti ha inciso le sue lettere in me. Sadicamente, questo Ma(gi)ster d’armi, piazzandosi con l’ApeCross formato Inferno-disceso-in-Terra, ha colpito nella mia carne e soffocato i miei pensieri. E’ apparso nelle forme e fattezze di un angelo pallido privo d’ali, se non clinicamente impiantate, e fiamme fuxia ardenti in viso. Difficilmente riuscirò a decifrare cos’ha fatto. Sono polaroid illuminate nella foschia:

Catene scorrono nette sulla pelle, i respiri arrancano, sacche di liquidi giallo-perso-malattia-versante-accusatorio perchè non ho più nutrimento. Passaggi senza porte e fischi nell’orecchio sinistro dove il destro non è accessibile; il frigorifero vuoto e Sakurambo strozzato nella pienezza del boccone vorace-mordace-morente. Narici intasate da vomito acido e non ho più raffreddore.

E’ arrivato nell’imprecisato istante della Fine del Mondo, nel giorno di tutti i treni in orario, durante il cenacolo dei putridi.

Quest’effetto Schi(a)vo è quasi imprescindibile pur se in netto contrasto con la natura che mi percuote dentro. Il possesso, l’appartenenza senza confini di carne e dolore, piacere e pianto, assoluzione e peccato. Cala il potere alcolico contemporaneamente alla salita della buca. Il pozzo infrange velo di realtà portando con se deliri di natura inquisitoria. Sei lobotomico? Sputnik in trans-orbita venerea.
Se lo fossi non leggeresti tutto ciò. La pazzia è ancora al mio essere umano. Vivo per quanto morente.

È arrivato l’arrotino. È arrivato il coltellaio. Porta con sé tutte le lame necessarie alla mia sofferenza autoinflitta.

Cosa chiedi, essere pietoso?

Domanda lecita. Risposta non necessaria.

Prendi i tuoi coltelli amico mio. Noi abbiamo lame.

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