Verrete cacciati come prede, come il levriero caccia la lepre. [..]
Il crepuscolo cala sulla città deserta, lampade a gas tremolanti affrontano il vento che trascina foglie morte, infrangendosi con un coro stridulo contro muri di pietra. E mentre passi leggeri, ma troppo rapidi, troppo silenziosi rompono un silenzio quasi irreale appaiono in lontananza occhi liquidi, pietrificati nella luce fioca. Essi scrutano dal buio.
Nell’immobilità di un ancestrale terrore che stringe la gola, essere avvolti dalla certezza d’aver già perso.
Perché non c’è velocità o rifugio sufficiente alle proprie emozioni più intime.
Sensi che esplodono. Restare paralizzato e non udire più l’istante; la sordità dei timpani deflagrati dal proprio cuore martellante. In un attimo, creature che affiorano: figure affamate sinuose, avvolte in mantelli neri, dai movimenti sincronizzati nella danza macabra. Alcuni sorridono senza palesarsi; altri flirtano con la luce in visi inespressivi, ma nessuno distoglie lo sguardo. Quell’istante nel quale il tempo si cristallizza imprimendosi nel buio come una litografia mal riuscita.
Improvvisamente un sussurro – non articolato, solo percepito – arriva direttamente alla mente oramai preda del delirio: accogli il dono, ora. Ed il fremito di potere percorre il corpo, un impulso catartico che concretizza il legame a quel branco. Un impulso di sangue tremante nelle vene apre l’orizzonte a visioni occultate agli esseri mortali: l’universo si è ristretto a quel momento. Un istante di preda e cacciatore. Una singolarità che assimila la volontà d’essere e la volontà di possedere.
Il viaggio oscuro.
Ora la forza trascina via il corpo, quasi senza gravità. Strade secondarie, vicoli nascosti sotto archi di pietra. E la mente non è in grado di articolare pensieri compiuti; e la voce non sarebbe in grado di esprimerli. Silenzio religioso che accompagna il cammino, solo rotto a tratti dal suono del respiro premorte.
Ed ogni passo conduce più in profondità in un labirinto di canto senza suono, di mura che sembrano pulsare. In fondo, in una stanza circolare, prende vita un cerimoniale antico: una pozza di liquido scarlatto, simboli incisi sul pavimento, candele dalle quali sputano fiamme azzurre come il cielo terso che mai più occhi vedranno.
Viva l’eterno prelievo.
Lucien, ricordi il dimenticato sapore del sesso pulsante?