Rifletti ed apri una visione immaginifica rubata alle grate senzienti del tuo personale olocausto.
Una stand-up comedy nella quale sei protagonista involontario mentre a braccia aperte accogli questa pioggia alla soda caustica. Un Singin’ in the Rain non molto ben riuscito. [..probabilmente, come al solito, non ci hai messo troppo impegno..]
E’ un’immagine in dolly cam mentre indietreggia. Nessun primo piano è accettabile.
Dalla regia urlano: Si aprano le cateratte dell’acquazzone violento!
Downburst improvviso di liquido acido dai cieli direttamente connessi ‘[…] con la dinamo stellata nel macchinario della notte […]’ [L’Urlo – Ginsberg]
E’ un’immagine in vertical limit mentre l’occhio dello spettatore precipita tra i flutti ribollenti. Sempre e solo soggettiva.
La sceneggiatura svariona verso il finale: Le mie spirali ascendenti sono creature prive di Alfa ed Omega.
La solita, sconcertante creatura senza capo ne coda ma intrisa di filamenti dalla iper-violenta volontà di decostruire. Una parossistica e machiavellica scena d’inseguimento a camere spente.
E’ un’immagine della quale non frega niente a nessuno. Solo storpiature d’un nastro digitale riavvolto all’infinito.
Perché il pulsante fast forward è in perenne stato guasto.
Domanda.
Cosa cazzo c’entra la Pioggia acida in centro città?!
E’ un simulacro; una via catartica al discioglimento delle carni; all’abbandono dell’umano. Alla liberazione negli scarichi delle acque nere.